Organizzato da Spazio Veneziano la mostra di Silvana Garavello, docente di Discipline Pittoriche, propone nelle sue opere la fuggevolezza del tempo rappresentandola in uno spazio precisamente delimitato di uno scenario sì urbano ma soprattutto romantico, come esso cambia con il passare delle ore del giorno e quindi dominato dalla luce.
In questo caso la vicina regina dell'Adriatico, lagunare città domina nel suo golfo, Venezia, fa da modella all'artista e si lascia ritrarre. Quale migliore soggetto potrebbe prestarsi ad indossare i morbidi panneggi di un sole che va ad accucciarsi dell'arte che le cuce addosso le sue vesti, prova dopo prova, dal Giambellino ai giorni nostri!?
Silvana evoca in un delicato acquarello la Città, vista nei suo scorci più intimi prossimi e in lontananza, come da sfondo ad una realtà altra, quasi dimenticata: nell'immanente possiamo affidare, come ad una culla un bambino, i nostri pensieri, che, in questa libertà di sfumato, si ritraggono e si guardano e vivono storie intense e inventate. All'orizzonte sempre Venezia nei suoi particolari architettonici più noti e bagnati di sole.
I piani sono distinti, nella prima dimensione una mescolanza sulfurea, rarefatta, leggiadramente delineata, come deposta dalla piuma dell'angelo delle idee, con raffinate sensazioni saline, acquee, come fosse un immaginario impressionismo che si fa specchio nell'acqua e in essa fonda le sue radici. Un'acqua che scorre... lenta, ma scorre e mai è la stessa. L'altro piano, il secondo, è posto all'occaso leggermente più rifinito, ma ancora lontano come un miraggio nel deserto e in un'alcova, tra carta e pennelli, la Serenissima si ritrova, desiderata e ritratta.
Davanti immediatamente i nostri occhi lo spazio è affidato al fruitore, dove immagina, il suo pensiero vive, creare la sua personale storia, le idee si fondono con la dolce poesia delle acque, il tramonto con i profili delle case, quando si affacciano sui propri riflessi, riverberi urbani di edili narcisi e raccontano di quale altrove parlano, protagonisti di un sentimento che possa esser pregno di quella narrazione. Il secondo piano invece ne fa da contesto, da delineazione storica, ambientazione di prosa, una basilica come fosse la prima moschea che si incontra, andando verso Oriente. La suggestione è questa nuance che dall'astratto ritrova l'estetico in un procedere cadenzato, un'anafore pittorica come il formarsi di un sentimento, quando non ribolle, perché più serio ma cresce, molto più forte e cresce, cresce, cresce.
Questo è il diario dell'artista. Nelle sue pagine la carta s’imbeve del vasto fiore della realtà, diluendosi in linfa ultraterrena s’apre il loto dell'amore per la vita, con quasi un tocco di magia, di una strana pupilla chiara di fronte agli orizzonti sconfinati.
Questa forza evocatrice, dove la forma viene astratta ma poi ricordata, quasi a non voler dimenticare è il diario personale di Silvana Garavello, è lei, ribelle contro tutto lo stabilito, bimba che racconta innanzi all'infinito, senza nascondersi dietro nessuna siepe, di un sogno, diventato realtà e lasciato a Venezia.
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