"Trieste è bella di notte” è l'ultimo film di Andrea Segre, regista specializzato in film italiani sull' immigrazione nell'analisi delle marginalità di etnie, popoli e culture.
Il film è stato prodotto da ZaLab, un collettivo di sei filmmakers, di cui ho visto al Cinema Aquila l'unica anteprima prevista a Roma.
L'esclamazione "Trieste è bella di notte" è di alcuni ragazzi che raccontano, quando alle prime luci dell'alba, superato l'ultimo confine, arrivano sull'altipiano del Carso, il cielo è irrorato di luci e ai loro piedi, nelle acque del Golfo, si specchia adagiata la città di Trieste, per cinque secoli perla asburgica; a indicare la cosa più bella della loro vita, dopo anni, e dico anni, di viaggio, speranze e difficoltà estreme.
Il film denuncia una pratica dello Stato italiano, iniziata in piena confusione pandemica, di alcuni respingimenti di migranti a Fernetti, al confine con la Slovenia, giudicati poi illegali dal potere giudiziario del Tribunali di Roma.
La regia, di Andrea Segre e Stefano Collizzolli, con la fotografia di Matteo Calore, è un utilizzo magnetico di un susseguirsi di flash-back che i migranti raccontano, tramite brevi video di Tik-Tok, immergendo lo spettatore nel viaggio e nelle loro emozioni, rendendo perfettamente l'idea della soggettività dei popoli dell'Asia occidentale.
Video, frammenti e racconti di incubi e paure, girato insieme a chi ha vissuto quei “game”, come li chiamano loro, in un continuo tentativo di superare il prossimo livello, come fossero in un gioco!
Un racconto soggettivo, dove l'intervento del regista è nel confronto con l’oggettività delle cronache degli atti giudiziari, in una riprova di come il concetto di confine sia sempre più confuso, aleatorio, instabile e per questo pericoloso... del perché "pericoloso" lo scopriremo alla fine, con un interrogativo posto dagli stessi migranti.
Il fenomeno migratorio incontrollato, vale a dire senza un'unione formale delle politiche UE sulla materia, sta ponendo i governi membri a inventare procedure nuove, oltre gli stessi limiti costituzionali, in un susseguirsi di procedure autonome di ciascun organo statale che mette a rischio, contraddicendone i principi, la stessa idea su cui si fonda l'Unione Europea e di conseguenza indebolendo il suo peso politico internazionale.
“Trieste è bella di notte” ha un forte colorito musicale prodotto da un musicista professionista che suona il Rubab, uno degli strumenti nazionali dell'Afghanistan e di aree abitate da pashtun e beluci, Sindhi, Kashmir e dai Sikh del Punjab.
Sono storie che s'inseriscono direttamente nella nostra Memoria, si sottraggono all’oblio e con sangue, dolore e ferite si riproducono, divenendo per sempre trama della Storia.
Andiamo però con ordine e spieghiamo cosa è successo...
Nel maggio 2020 il Ministero dell’Interno Luciana Lamorgese ha introdotto delle operazioni definite “riammissioni informali” di migranti in Slovenia, con dei “respingimenti a catena”, senza permettergli di poter avere, badate bene, non l’Asilo, ma la possibilità di avviare la Domanda di Asilo. Vale a dire accertare se ne abbiano o no il diritto!
Le riammissioni in Slovenia sono state effettuate senza alcun provvedimento amministrativo, come dispone invece la legge 241/90 art.2 e 3 sono state invece forzate, coatte e non sono state notificate agli interessati; violando altresì la libertà personale sancito nell’art. 13 della Costituzione, per cui la restrizione della libertà personale è proibita, se non con atto motivato dell'Autorità giudiziaria.
Il 14 luglio 2020 il deputato Riccardo Magi, +Europa e Radicali, presenta un’interpellanza urgente, dove chiede motivazioni, il governo risponde con Achille Variato, sottosegretario di Stato per l'Interno, che fossero stati rispettati tutti i diritti delle persone migranti.
A gennaio 2021 però il Tribunale di Roma, con la sentenza 56420/2020 della giudice Silvia Albano, dopo il ricorso di un cittadino pakistano, sancisce le “riammissioni” come illegali e sospese fino al 28 novembre 2022, quando l’attuale Ministro Matteo Piantedosi, le ha riattivate. Da qui nasce uno dei più bei film italiani sull' immigrazione.
Il Ministro Lamorgese rese noto in seguito che dal 1 gennaio al 25 giugno 2020 erano state effettuate 852 riammissioni dall'Italia alla Slovenia. I migranti furono rispediti indietro fino in Bosnia senza venire identificati e soprattutto senza avere la possibilista di fare domanda d’asilo, fatto per il quale è stato condannato lo Stato italiano a pagare un'idennità al querelante.
La Convenzione di Ginevra e il Regolamento Dublino III, in particolare con gli artt. 1 e 3 di quest'ultimo: “impone agli Stati membri di esaminare qualsiasi domanda di protezione internazionale” […] “prima che sia adottata la decisione di trasferire il richiedente verso lo Stato membro competente”.
Le riammissioni sono state effettuate in applicazione dell'Accordo bilaterale fra il Governo della Repubblica italiana e il Governo della Repubblica di Slovenia, firmato il 3 settembre 1996 in forma semplificata, vale a dire senza la ratifica del Parlamento, quando all’epoca il PdR era Scalfaro e il PdCm Prodi ma in un contesto storico completamente diverso da quello attuale, vale a dire prima della ratifica del Trattato di Lisbona del 1 dicembre 2009, che provvede al riparto di competenze tra Unione e Stati membri e all’art 19 vieta le espulsioni collettive.
Secondo la dottrina la stipulazione di accordi in forma semplificata è esclusa quando l’accordo rientri in una delle categorie indicate dall’art. 80 della Costituzione, che prevede la ratifica del capo dello Stato preceduta da autorizzazione delle Camere, per i trattati internazionali che abbiano natura politica o che prevedano modificazioni di leggi.
All'articolo 2 dell'Accordo bilaterale si fa riferimento inoltre ai “rifugiati” e non ai “richiedenti asilo” giacché il riconoscimento di “rifugiato” è un procedimento implicito alla domanda, i cui presupposti lo straniero chiede appunto di accertare, ma come si possono accertare i suoi diritti se non gli viene permesso di fare la Domanda di Asilo?
Sempre secondo l’Accordo, inoltre, gli Stati sono tenuti a garantire che ci siano i presupposti del pieno rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana, dove il trasferimento avviene; laddove sussista il rischio di un trattamento inumano o degradante, ai sensi dell’art. 4 della CDFUE, il respingimento e la riammissione, nello Stato identificato come competente, non può avvenire.
Ci sono a questo proposito una pluralità di fonti, dalla stampa agli organismi internazionali, dall’Unione europea all’ONU, che attestano le difficilissime condizioni in cui versano i migranti nei Paesi lungo la rotta balcanica e i trattamenti inumani, crudeli e degradanti che subiscono dalle polizie croate soprattutto e slovene, col fine implicito di scoraggiarne il viaggio.
Il provvedimento di riammissione va motivato inoltre all'interessato e deve essere impugnabile, se del caso, fornendo informazioni sui mezzi d’impugnazione disponibili, violando altrimenti l’art. 24 della Costituzione.
La possibilità di fare Domanda di Asilo è stata negata sia in Italia, dove sono stati minacciati con bastoni e caricati su un furgone sia in Slovenia, dove sono stati messi in prigione senza cibo né acqua sia in Croazia, dove sono stati deportati ammanettati, picchiati con manganelli avvolti da filo spinato e presi a calci sulla schiena; quindi infine sono stati portati in Bosnia e lì abbandonati in campagna; rendendosi così responsabile l’Italia anche degli art. 3 e 13, art. 4 protocollo 4 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU).
La Corte europea dei diritti dell'uomo (EDU) infine aveva già riscontrato la violazione del divieto di espulsioni collettive da parte della Polonia in Bielorussia, della Svizzera in Italia, dell’Italia alla Grecia e della Francia in Italia.
Il continuo infrangere da parte degli Stati membri del rispetto del diritto, base della forza della nostra storia come Unione, ci sta indebolendo a livello internazionale.
La domanda provocatoria che viene posta alla fine dai migranti in uno dei film italiani sull' immigrazione più struggenti, che riguarda la pericolosità di un confine così incerto, è la stessa che più volte ho posto nelle mie tesi sull'argomento: ma se i diritti non vengono rispettati, perché si sponsorizzano, allettando sempre più le persone a partire, quindi morire o soffrire?
La migrazione da fenomeno umano-sociale è divenuto presupposto divisorio elettorale, l'unica identità partitica garantita nella gara alla conquista dei voti, ma costruita sulle spalle dei migranti e giocata, come nel gioco dell'Oca, sulla loro vita.
Di Pier Paolo Piscopo
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