“In questo mondo colpevole, che solo compra e disprezza, il più colpevole son io, inaridito dall’amarezza.” (Pasolini)
Il 5 dicembre, alla Galleria Vittoria di Via Margutta, sarà l’inaugurazione della mostra di Debora Malis: Fiori di Rovo. Avrà luogo sino al 17 dicembre. Lun-ven ore 15.00-19.00.
Debora Malis è un’affermata artista romana pop-surrealist. Potrei definirla, ma lei odia le etichette accademiche, un oltre Botero e Modigliani.
Le bambole erano disposte lungo le pareti della sala; imprigionate negli occhi che ci osservano sembrava ci stessero chiedendo perché? …era tutto così obliquo in quella scacchiera di sguardi, bianco, rosso e nero… eppure avremmo potuto ancora… nei loro occhi custodivano la chiave per trarre fuori dalla materia chi fossero nel loro intimo.
Ma il problema è proprio questo: quelle bambole imprigionate chi sono?
Come massi deposti dal tempo, sono lì a ricordarci che una volta quell’anima che nascondiamo viveva fuori entusiasta, libera.
Debora Malis, con il potere degli specchi magici, incastona la nostra epoca in alcune figure, l’azzurro del cielo e del mare della terra visti dallo spazio viene elaborato negli occhi di queste terrecotte, che vorrebbero parlarci:
una società concorrenziale in un mondo divenuto Mercato, non più il Nostro Mondo. Una società fondata sul profitto, sul valore di scambio, quanto dare per quanto avere? Il valore dell’essere non è più nel suo gesto umano, ma nella sua effige: il successo.
Perche? Non si sa. Dove dobbiamo andare, dove dobbiamo arrivare? Non si sa!
Nessuno di noi lo sa. Ma nessuno è uno schema declinato al presente su cui si sono arzigogolati i nostri rapporti. Debora, tramite la rielaborazione in chiave pop di alcune favole classiche, in particolare dei fratelli Grimm, di Perrault e di Calvino, ci restituisce quello che vede: anime imprigionate nella materia, dalla quale si scorgono, tristi ma ancor vivi, gli occhi.
Possiamo salvarci? Soffermiamoci sugli occhi!
Nelle favole scorgiamo una realtà schematizzata. In poche pagine i nostri pregiudizi, gli stereotipi di genere, i ruoli sociali sono cristallizzati e messi a nudo, espressi nella maniera più diretta, più semplice: Debora ci invita a leggere le favole con gli occhi di adesso.
Cosa stiamo insegnando ai bambini?
La sua è una denuncia sociale gentile, di una mano che piano piano lascia depositare la sabbia del tempo in cumuli antropomorfi di terracotta.
Il primitivismo delle nostre essenze riprodotte, al fine di farci riflettere e riscattare qualcosa che forse abbiamo perso. Salvare l’umano ci chiede Debora… e il lavoro dell’artista è finito: chi lo dovrà portare a termine adesso è il fruitore. Siamo pronti? Questi occhi cristallizzati, trasformarli in crisalidi, li dobbiamo liberare…
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