A riguardo del tempo d’impiego ci sono molte teorie: John Stuart Mill, economista-liberista, credeva che il segreto del progresso fosse nell’intelligente uso del tempo libero e che la tecnologia dovesse puntare ad accorciare sempre di più le ore lavorative.
Benjamin Franklin, sempre nel 1800, spiegava ai suoi studenti che sarebbero bastate 4 ore al giorno di lavoro. Nel 1929, in piena crisi economica, John Maynard Keynes, economista, dibatteva che l’obiettivo della politica economica dovesse essere quello di ridurre entro il 2030, a 15 ore a settimana, l’orario di lavoro. Henry Ford, ideatore della catena di montaggio, fu il primo che introdusse, nelle sue fabbriche la settimana corta, sostenendo che un operaio con più tempo libero è un operaio più felice e quindi più produttivo.
Sono state condotte ricerche a tale proposito, che hanno dimostrato la correlazione tra la brama di status, la disuguaglianza economica, i problemi sociali, l’affluenza ai seggi, la partecipazione e l’infelicità. Tra i problemi sociali troviamo criminalità, depressione, droghe, abbandono scolastico, obesità, alcool.
Lo stress e l’ansia non dipendono dalla povertà economica ma piuttosto dal desiderio crescente del possesso. In un contesto di diseguaglianza economica chiunque sarà portato ad essere più stressato rispetto ad un contesto di parità economica. Un povero tra ricchi è più infelice di un povero tra poveri. Questo lo vediamo nell’ansia da status, nei problemi che si hanno preoccupandoci di come la gente ci considera, nella poca voglia di condividere, di conoscere persone nuove e la sfiducia negli estranei.
Eppure una domanda sorge spontanea ma se siamo più ricchi di quasi sessanta volte un contadino del 1300 come mai siamo il doppio più stressati?
La crescita economica ha di fronte due strade: o più tempo libero o più consumi; se il sistema sceglie di consumare di più si deve anche lavorare di più e creare l’induzione del bisogno; se invece viene deciso che la crescita economica debba portare più tempo libero, si spenderà meno in materialità ma più in attività sociali, sportive, culturali, ludiche ecc.
Anche se non andassimo incontro ad un futuro dove saremo guardiani e manutentori di macchine, una produttività esponenziale è destinata ad esaurirsi da sola, per un motivo molto semplice: le risorse materiali utilizzate non sono infinite.
Per assicurarci una costante crescita economica non si dovrà aumentare la produttività ma aumentare il tempo libero.
Il tanto lavoro oggi è un modo per vantarsi e apparire interessanti, spesso la pressione e il superlavoro non sono altro che uno status symbol. Non ci sarebbe nessun bisogno di lavorare otto ore al giorno per cinque giorni la settimana per 11 mesi l’anno per 40 anni!!
Il tempo libero oggi è equiparato o alla disoccupazione o alla pigrizia. Sembra che decidere di lavorare meno comporti occasioni perse di fare carriera, qualora non si consideri che il tempo a disposizione per le attività creative possa migliorare la persona e migliorare l’indirizzo economico del sistema. Spezzare questo circolo significa adottare una presa di coscienza collettiva forte. Il futuro come sempre dipende dalla mentalità collettiva.
La domanda da porci quindi non sarà di quali competenze le persone hanno bisogno perché trovino lavoro nel mercato del futuro, ma quali conoscenze vogliamo che le persone abbiano per creare il futuro. E’ molto diversa come domanda: la prima è passiva rispetto alla realtà, la seconda si pone come principio attivo di una coscienza che ha capito che può creare la realtà di domani.
Pier Paolo Piscopo
Ƹ̴Ӂ̴Ʒ
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