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La libertà nella contesa di uno stesso spazio

Aggiornamento: 17 feb 2023

La conferenza alla Macroarea di Lettere a TorVergata su “Violenza Urbana e Diversità” organizzata dal Prof. Piero Vereni è stata un’occasione di confronto.


Sono intervenuti Massimo Ilardi, sociologo urbano; Andrea Priori, antropologo; Francesco Tieri, portavoce CAIL; S. N. Allam (BACHCU) presidente Dhuumcatu, e David Tozzo presidente di ACORN Italy.


Il tema ha riguardato la diversità nella contesa dello spazio urbano, sempre più additata come fonte di pericolo.


Lo spazio, nel tempo presente, dove il presente è territorio, che opera e divide, assume le forme di un contenitore esplosivo di conflittualità; paradossalmente questo avviene nell’epoca decantata come della condivisione, della connettività, del social; così da identificare due mondi distinti dove prevalgono in uno le pratiche del territorio e nell’altro le pratiche della rete, creando dei conflitti, tra chi lo abita e chi lo influisce governandolo.


Lo spazio è a somma zero, due individui non possono occupare lo stesso spazio senza innescare delle conflittualità. Da questo monopolio dello spazio è nata l’attitudine/propensione/necessità ad occupare lo spazio. L’obbiettivo è la domanda di libertà, senza nessuna regola e senza nessuna legge: questo non è giusto, ma è l’attualità conformata e confermata.




L’Islam in questo vive una costrizione di condizione nell’occupare uno spazio pubblico, destinandolo, momentaneamente, ad uso privato: l’hidden islam delle nostre città, dove i musulmani pregano ovunque trovino spazio, nascosti nel pubblico: nei retro dei locali, dei ristoranti, nelle cantine, negli scantinati, nelle vie secondarie, tra una macchina e l’altra, stendono un tappetino a terra, portano le mani a conca al viso e pregano.


Non c’è una norma per essere a norma. Mancano, in uno spazio di derivata origine nazionale-culturale locale, degli spazi che possano rendere a norma delle pratiche consuetudinarie di altre culture, che abitano lo stesso spazio.


L’opposizione al presente è ben visibile nel revanscismo di un sentimento nazionalista, che si abbatte sulla diversità, per una strenua difesa del passato (“l’appartenenza vive se ha un nemico davanti”). Posso chiamarlo blocco storico.


Viene proposto un superamento del concetto di diversità, a titolo di un coesistere integrato, accordando un punto d’incontro tra diversità momentaneamente conflittuali.



Pier Paolo Piscopo

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