Lungo la rotta balcanica si trovano alcuni campi, aree “attrezzate”, dove chi sceglie di recarsi in Europa può fare una sosta, dormire, ricevere assistenza medica, cibo e incontrare altre persone che stanno compiendo lo stesso tipo di "viaggio".
Alcuni dei campi sono ufficiali, tirati su dall’UNHCR o dalla Croce Rossa; altri sono gestiti da ONLUS o ONG private, con l’aiuto di donazioni e d’accordo con le autorità locali riescono a porvi tende da più posti, metterci dentro materassi, coprirle con teli di plastica anti pioggia e dotarli di toilette chimiche.
Poco distante, in un container su ruote, sono state messe poche docce. Qui vi operano dei volontari che gestiscono e organizzano pasti e cure mediche.
Il problema più grosso ora è affrontare l’inverno, ripararsi dal freddo. Nei campi ufficiali fatiscenti, la maggior parte della gente dorme in spazi abbandonati, senza porte né finestre, ma con muri e tetti in muratura, in campi-tendopoli, e quando la temperatura inizia ad andare sotto lo zero, sopravvivere nelle notti invernali diventa prioritario.
Nelle tendopoli si brucia di tutto per fare fuoco e riscaldarsi, dai sacchi dell’immondizia ai materassi e nell'area si vedono piccole colonne di fumo alzarsi costanti, con l’inevitabile inquinamento che impesta l’aria. Qui tra sacchi d’immondizia, nugoli di fumo nero e polvere di terra battuta si trovano adulti e famiglie.
Nei campi in cui sono stato, in Bosnia, a Velika Kladuŝa e Bèlic, la gente viene per lo più dal Kurdistan, Afghanistan, Iran, Iraq, Bangladesh, Pakistan, Marocco e Algeria. Sono in viaggio da tre, quattro mesi, come da due, tre anni. Dipende quanti soldi hanno, quanti respingimenti, "pushback", border rejection, hanno affrontato, se hanno dovuto lavorare nel frattempo e per quanto tempo.
Il tragitto che separa lo spazio Schengen, quindi lo Stato dove i migranti richiederanno Asilo, e il loro Stato d'origine viene chiamato the Game. Dai campi ogni giorno c’è qualcuno che prova a continuare il Game.
Il Gioco. Ogni passo in più fatto verso l’obbiettivo è un livello superato.
Le frontiere, i sentieri nei boschi, i posti di blocco, le zone pattugliate, riuscire a superarle e non farsi prendere dalla polizia è la regola, non farsi riportare indietro è la sfida.
Alcune associazioni monitorano la situazione, dando testimonianza della violenza della polizia croata, ungherese e serba nei rispettivi confini, che di fatto infrangono la Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato, considerata parte del diritto internazionale consuetudinario.
I migranti subiscono ogni tipo di vessazione, furto o atto vandalico su beni privati, come i cellulari con cui, grazie ai GPS, possono orientarsi nella notte e che gli vengono rubati o distrutti. Quando sono riportati nei campi le persone arrivano ricoperte di lividi, ferite e lussazioni in tutto il corpo.
L’Unione Europea è a conoscenza di quanto avviene ma gli organi di Stampa ufficiale non hanno informato l’opinione pubblica fino a quando non è comparso un articolo sul Guardian che per la prima volta denunciò quanto sta accadendo.
La UE incoraggia i respingimenti della polizia, pagando milioni di Euro gli Stati dell'Europa Orientale.
Se ancora una parte della popolazione europea non vuole partecipare ad un atto di solidarietà e di rispetto dei diritti umani, atti a promuovere la dignità umana, oltre la sensibilizzazione e l'aiuto che fornisce l'altra parte della popolazione civile; gli Stati della UE dovrebbero riaprire le quote d'immigrazione legale e organizzare un Mercato del lavoro a livello europeo; non è possibile avere ancora un mercato del lavoro nazionale e cercare di risolvere il problema della gestione dei flussi con la violenza, facendo finta che quello che sta accadendo non ci riguarda.
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