Ci sono state donne dalle idee talmente anarchiche che la legge del tempo o della moda del momento non le piegò, andando contro posizioni interpretate come intoccabili, come la rivendicazione del diritto al voto, preferendo la lotta per l’emancipazione economica, causa essenziale dell’infelicità, della solitudine e della subordinazione.
Ci sono due modi di sentire la solitudine: sentirsi soli al mondo o avvertire la solitudine del mondo.
Scrisse Emil Cioran, filosofo rumeno della prima metà del novecento in Lacrime e santi:
"Il paradiso geme al fondo della coscienza solitaria, mentre la memoria piange. Ed è così che si pensa al senso metafisico delle lacrime e alla vita come al dipanarsi di un rimpianto; ma è solo la sofferenza a produrre consapevolezza."
Chi si sente solo vive un dramma individuale: è il sentimento dell’abbandono. In tal caso interessa unicamente la propria inquietudine e vieni consumato da te stesso, distrutto dalle tue "soluzioni", tormentato dalle tue insufficienze, indifferente agli altri, positivi o tristi che siano.
Avvertire invece che è il mondo ad essere solo ti dona un senso d'agape, di quiescenza dal mondo interiore in subbuglio dalle passioni, che sono fallaci e che ognuno ne è preda ma il sentimento trae in inganno perché urlando crede di essere più forte.
L'individuo interpreta questo sentimento come propria inettitudine e cerca negli altri un riscatto, proietta così nel cosmo un senso d'eroismo da raggiungere, cercando una fune dove aggrapparsi, dalle sabbie mobili nelle quali si sente sprofondare.
Il cuore vero invece è tranquillo e razionale, deve riposare perché non ha fretta.
Ci furono donne provenienti per la maggior parte dalla classe popolare, alla fine dell'800, che in contrasto con il movimento protagonista delle femministe provenienti dalla borghesia, che consideravano la lotta economica di poco conto, che abbandonarono il movimento perché non potevano dipendere da nessuno. E il mondo raggiunse la parità di voto, ma non raggiunse la parità salariale.
Altra cosa è il mecenate che supporta le nostre azioni, in quel caso il "contratto" è chiaro.
Il cuore però deve essere pulito, perché un cuore pulito è leggero e sicuro di sé. Affidabile e potente è lucido. Un cuore sporco che non ha voluto vedere motivazioni interne che lo hanno spinto verso facili soluzioni non sarà mai né potente né lucido, sarà sempre offuscato e combattuto e con il tempo s'appesantirà, invecchierà presto, sarà occupato a gestire i compromessi che fino allora ha voluto accettare per rendersi la strada più agevole. Ma la vita è come una corsa in montagna, bisogna allenare il cuore in salita perché questo sia forte, libero e fiero.
La mia non è una condanna, è facile cedere alla strada in discesa. Penso però alla vita come un raggiungimento di consapevolezza di se stessi, la vetta è quando riesci a raggiungere un apice e riposarti, guardando il passato affrontato, il cammino percorso e il panorama meritato che la vista e la tenacia ti hanno permesso, essendo orgogliosi.
Il cuore non risiede nell'emozione, una fiammata improvvisa che finito l'ossigeno che ha bruciato s'estingue. L'emozione è fugace, vive del momento, un vento di primavera che sembra ci stia facendo volare. Passato il rapido soffio ne cercheremo un altro e poi un altro e un altro ancora; quel vento invece lo dobbiamo trovare dentro noi stessi, indipendenti e in solitudine.
Il cuore è l'anima di una persona che ha lottato per conquistare se stessa. La felicità, l'amore è dentro di noi ed impariamo con la vita a coltivarlo, solo allora saremo pronti ad amare.
L'amore si dà, non si riceve e quando ne hai, non puoi fare a meno di darlo, perché ne hai talmente tanto, coltivato dentro di te, che straripi e ogni persona che senti ne ha bisogno, l'abbracci.
Scriveva Sartre nella Nausea nel 1938 a proposito del tempo: "Che curiosa cosa che è l'uomo, cerca un'occupazione, né per gioco, né per abitudine, ma per riempire il tempo. Il tempo è un mostro che ci divora, quando ogni esistente nasce senza ragione, si protrae per debolezza e muore per combinazione. Ma il tempo è troppo vasto, non si lascia riempire. Lo so. So che non incontrerò mai più niente e nessuno che m'ispiri della passione. Lo sai, mettersi ad amare qualcuno, è un'impresa. Bisogna avere un'energia, una generosità, un accecamento, una costanza... c'è perfino un momento, al principio, in cui bisogna saltare un precipizio: se si riflette non lo si fa. Io so che se salto non salterò mai più."
L'origine du monde, Gustave Courbet, 1866, olio su tela (46x55 cm), Museo d'Orsay, Paris, foto di Nicolas Guilbert
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