« Ora il vento s'è fatto silenzioso E silenzioso il mare; Tutto tace; ma grido.
Grido e brucia il mio cuore senza pace Da quando più non sono Se non cosa in rovina e abbandonata »
- G. Ungaretti, da Cori descrittivi di stati d'animo di Didone in La terra promessa, 1950 -
Giuseppe Salvatori nasce a Roma nel 1955, con Perseidi, organizzata dalla De Crescenzo e Viesti Galleria d'Arte Contemporanea in Via Ferdinando di Savoia, 2, a Roma, ha inaugurato una significativa installazione composta di 153 disegni.
Una parete interamente ricoperta di stampe su fogli 20x30 di orme di rosa nere, le sue Bocche di Rosa, rappresentano e quasi odono, in un corrispettivo muto alle orecchie ma non allo sguardo di chi le incrocia, i nomi dei 153 caduti nell'Eneide, suoni melodiosi ma scomparsi. Le anime che il troiano Enea in fuga sulle coste italiche, dando vita a un nuovo popolo, che avrebbe in seguito fondato Roma, lascia spirare.
Come fiori posti ai caduti, vagano nello spazio infinito, senza pace, tutte le anime di questi morti rimasti insepolti, anime che veleggiano ancora nel cosmo, nella costellazione di Perseo quando perirono, rimanendo sospese.
Salvatori conscio che desine fata deum flecti sperare precando, davanti il cielo notturno della Notte di San Lorenzo, coglie in un cortocircuito ispiratore, la similitudine, con le stelle che muoiono, come lacrime che il cielo piange e così offre in una preghiera laica la sua arte, per ricordare e con questa dà omaggio, almeno una rosa nera di lutto, alle anime dimenticate; anime nere, dissuete e remote, tranne una, rossa, l'unica donna, la vergine selvaggia Camilla. Dante la ricorda quando gli appare di persona nel Canto IV, v. 124 della Divina Commedia.
Ogni rosa ad ogni nome, ogni nome associato ad un caduto e il suono mitico canta nuovamente nella nostra mente, riportato dallo sguardo. E...
" Allora Simon Pietro salì nella barca e trasse a terra la rete piena di centocinquantatré grossi pesci. E benché fossero tanti, la rete non si spezzò. "
...secondo Giovanni 21,11 il numero 153 è anche lo stesso dei pesci pescati da Simon Pietro su indicazione di Gesù. Tale numero coincide con i grani di un rosario completo di 15 misteri e 3 avemarie. La preghiera si ripete allora nella rappresentazione di Giuseppe Salvatori, è come una lettura della nostra anima che fa attraverso una parola ripetuta, riporta nel cuore la sensazione che lascia un ricordo.
E la parola nella grafica diventa parabola come nella bocca del Cristo è posta come spada che difende. In un'altra opera, nella sala attigua, Salvatori mostra infatti delle baionette, simbolo del corpo a corpo in battaglia. Una parola ripetuta come un mantra.
Un volo, un messaggio.
Un'esposizione che si percorre e si compie in solitudine, lasciando che cuore, occhi e mente dialoghino tra loro. Stelle, lacrime, rose, pesci, uccelli, baionette, l'artista come demiurgo offre ancora al mito di Virgilio una poesia, una parabola grafica, con un altro finale.
L'artista cerca di raffigurare una metafisica letteraria, avvalendosi non del colore o della forma anatomica, poco atte come espedienti a riecheggiare la memoria di una leggenda ma la sua rappresentazione la ritrova nel concetto stesso espresso nel tema, la scia che ha lasciato il ricordo in noi: il sentimento.
Come l'acqua che corre e cola dalla neve sciolta sotto la pioggia è diversa per ognuno la forma che ne rimane sull'asfalto, così si accoglie una eco differente nelle opere di Salvatori, suscitando, con lo stesso processo associativo di Rorschach, una libera sensazione di ricordo e di scoperta interiore, che in noi fruitori viene presentandosi proprio dal tema in esposizione.
Il concetto del classico rimane puro, come un sole proiettato e all'orecchio del passante è accostata, sussurrata, solo la sensazione: senti che calore!
Il segno tramuta una sensazione e traduce in concetto visivo un canale verbale interno alla nostra anima.
Del mito fondativo e del suo racconto, Salvatori, oltre ai disegni, affronta, per risonanza evocativa, tanti altri episodi e Perseidi conclude il suo ciclo dedicato dall'artista alle figure e ai luoghi del mondo classico, esposte in mostre precedenti, che rimangono attuali, parlando non tanto di fatti ma di sentimenti.
Il mondo classico è il mondo interno dell'uomo. Il primo umanesimo. Che forse avremmo bisogno di riscoprire per ritrovarci e conoscerci, conoscere le reazioni alle azioni, che alle volte non comprendiamo e che pure sono le stesse, come scritte in un codice genetico di una macchina, fornite dal nostro cervello sotto forma di impulsi, da più di duemila anni. Salvatori con la sua esposizione ci invita a ritrovarci nella sensazione di un ricordo, una sensazione che se dimenticata forse dobbiamo cercare di rivivere... rileggere o... riscrivere.
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