Mi sono permesso di interpretare il titolo del nuovo bellissimo libro della filosofa italiana Donatella Di Cesare, professoressa alla Sapienza: Stranieri residenti: Una filosofia della migrazione di cui ieri sera ho assistito alla presentazione al Caffè Letterario di Via Ostiense a Roma; il dibattito è stato introdotto da Giuseppe Civati, segretario di Possibile che, fuori dalle logiche degli argomenti “spendibili” elettoralmente, è uno dei pochi politici che si pone a guida dei diritti uguali per tutti.
Nel paesaggio politico contemporaneo lo Stato-nazione si trova in un panorama completamente stravolto rispetto al contesto storico in cui era potuto nascere, la stessa governance è in difficoltà.
Le politiche nazionali che s’interfacciano a Bruxelles nel gestire economie, sistemi bancari e fiscali diversi, mercati del lavoro, amministrazioni, peculiarità, territori, sistemi differenti, senza avere un’unità governativa, in vista del superamento degli Stati-nazione, sta creando dei grossi rallentamenti e condizionando la nostra economia e, con essa, anche la vita delle persone.
Quando un tedesco o un francese viene in Italia per affari o studio trova una situazione completamente diversa in termini di leggi, amministrazione e burocrazia, rispetto al suo Paese d’origine e questo è anacronistico nei tempi contemporanei, perchè le leggi e le economie dei vari paesi non sono più decisioni strettamente autoctone, ma vengono preparate di concerto alle altre nazioni europee e in risposta ad una situazione internazionale. Allora che senso ha avere diversi sistemi? Si creano solo rallentamenti politici, burocratici e quindi sociali in termini d’evoluzione e sviluppo parlando.
Il tedesco, l’italiano, lo spagnolo sono europei, eppure incontrano molte difficoltà nel vivere il loro spazio, il loro continente. Pensiamo allora a chi viene fuori dall’Europa le difficoltà che può incontrare!
In uno scenario interconnesso e globale è impensabile fare affidamento su risorse e conoscenze solo e strettamente territoriali-nazionali. Il mondo è parcellizzato sotto tutti i punti di vista e va vissuto avendo una visione d’insieme che ci permetta di superare crisi che non dipendono più solo dal proprio Stato: pensiamo all’inquinamento, al terrorismo, alle pericolose crisi politiche internazionali, tutto si riflette, senza che noi ce ne accorgiamo sul nostro vissuto nazionale quotidiano. Un esempio su tutti? La crisi dei mutui subprime del 2007. Crisi derivata dagli effetti che le insolvenze nel settore dei mutui statunitensi ad alto rischio hanno provocato sui mercati finanziari di tutto il mondo.
Ora in questo scenario la Di Cesare si è chiesta: d’accordo, chi ne paga le spese maggiori? In che termini? Oltre la povertà bisogna scavare! Chi ha meno diritti di tutti?
Gli uomini, le persone, gli esseri umani che provengono da un Paese il cui passaporto non lo legittimi al pari di ogni altro. Ed è nei passaporti la nuova classe e lotta sociale del mondo. I migranti sono, loro malgrado, chi, in quest’epoca di transizione, sta pagando più le spese. E come li guardiamo? Come li osserviamo nella vita di tutti i giorni? Invito, ad osservarlo!
Quando va bene con pena, commiserazione. Altrimenti con disprezzo. Il disprezzo degno di un reo confesso, colpevole eppure libero, uomo si, ma non esattamente come noi, eppure ha le pretese di vivere come noi, invece che nel gradino più basso della scala sociale, quello di chi non gode dei diritti umani. E perché la Di Cesare si chiede?
Perché è nato in un paese diverso, straniero, extra, di troppo.
Non ha il diritto di godere della nostra stessa aria, perché quella terra, sotto quell’arco di cielo, sentiamo come se ci appartenesse; ma, questo assunto, non ha nessuna logica! Gli Stati-nazione sono un’invenzione e pure recente dell’uomo.
D’altronde come ci si arroga il diritto di stabilire la proprietà e i diversi diritti di cui possiamo godere da essa, in base al luogo di dove siamo nati, se quell’evento non è per merito o diritto capitato, ma solo ed esclusivamente dal caso determinato? Perché io, che scrivo, mi posso permettere di avere un blog in Italia e non pensare a come difendermi da una carestia di siccità in Sudan? Questo dipende solo ed esclusivamente dal caso.
Ecco, dal caso, non può e non deve nascere e determinarsi nessun diritto.
Il libro della Di Cesare spiega il motivo per cui uno Stato nazione è anacronisticamente pericoloso, sia per l’economia sia per le vite umane, per la loro dignità, il loro diritto a vivere.
Il migrante è accusato di occupare un posto che non gli appartiene. Nello stesso tempo non esiste alcun diritto sul territorio che possa giustificare il respingimento.
Abbiamo perso la misura dell’umano.
In un’etica che guarda al profitto, al successo materiale, Donatella Di Cesare staglia il suo ragionamento filosofico di una chiarezza disarmante sullo stato odierno del migrare; e cosa significa oggi migrare?
Abitante e migrante non si contrappongono, non sono due termini opposti, afferma. In ogni migrante si deve invece riconoscere la figura dello «straniero residente», il protagonista del libro. Atene, Roma, Gerusalemme sono i modelli di città esaminati per interrogarsi sul tema dell’accoglienza dello straniero e della sua cittadinanza.
E la cittadinanza europea oggi quale ruolo ha? Cosa significa essere europei?
La Di Cesare richiama la parola dei filosofi contemporanei e invita a prendere posizione e guardare con razionalità ciò che sta accadendo, sostenendo una politica dell’ospitalità, fondata sulla separazione dal luogo in cui si risiede, proponendo un nuovo senso del coabitare.
Rimando ed invito, per delle risposte più articolate, alla lettura del libro.
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