Un tempo l’unico dovere di un giornalista era di scrivere ciò che vedeva. Ora nell'era dell’immediatezza c'è abbastanza spazio per spiegare quello che succede.
Un giorno ad un colloquio il direttore di un giornale mi chiese perché volevo scrivere:
“per capire” risposi e lui controbatté che un giornalista deve raccontare, essendo un professionista del superficiale. Non lavorai mai per quel giornale.
Forse è così, non lo metto in dubbio, quello che mi piace fare non è giornalismo, vorrà dire lo chiamerò in un altro modo, non ho ancora cambiato idea a riguardo.
Non ci sono mai state così tante informazioni come oggi; è Il paradosso in cui viviamo: in questa cacofonia di brusii, l’età dell’informazione, allontana il cittadino di periferia.
Per sapere cosa dire si leggono i lanci di agenzia o s'ascolta cosa hanno detto gli altri, in questo modo si genera l’omogeneità del prodotto e dell’opinione pubblica; questo modo di presentare la notizia allontana il lettore e non lo responsabilizza sui fatti.
Raccontare cosa succede serve per capire la realtà, ma se s'illumina solamente una porzione piccola di realtà, rendendo fatto, quello che è solamente un particolare, si rischia di mostrare la punta e non l’iceberg; la difficoltà di un giornalista è quella di riconoscere che non esiste la verità, ma una realtà con diverse opinioni a riguardo che la compongono. Il beneficio è nel dubbio, quando scrivo non cerco di raccontare ma di spiegare.
Non è possibile essere imparziali, certo, ma possiamo essere intellettualmente onesti: renderci conto delle nostre passioni e saperle riconoscere, perché sono le idee quelle che trasformano una notizia in propaganda.
La professione in questione è una continua lotta tra un fatto, un ideale e l’opinione comune generale che tende a dividere la realtà in bianco o nero. Richiede un continuo stato di allerta e formazione.
I pezzi di giornale sono poesie moderne. E il giornalista dovrebbe essere abbastanza sensibile da capire i sentimenti che sono dentro una realtà.
Le sensazioni sono parte di quello che chiamiamo “fatto”. Le dinamiche emotive.
Il giornalista, con l’incarico di mediatore tra il fatto e la popolazione, è la figura tutrice del diritto della pubblica opinione a essere sempre informata su tutti gli aspetti della vita pubblica, in virtù del principio della trasparenza che dovrebbe caratterizzare le istituzioni politiche e non, in questa veste il giornalista è vate, canta fatti moderni.
Il poeta è un filosofo dell’essenziale.

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