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Parte 2: Discorso al #MedDownTown

La seconda parte del discorso pronunciato al talk del MediterraneoDownTown Festival a Prato.


Nella prima parte citavo Marc Augé, il quale è anche il creatore del neologismo coniato nel 1993: nonlieu. Le persone transitano in questi nonluoghi ma nessuno vi abita. Vince l'anonimato delle autostrade, delle stazioni di servizio, dei nuovi centri commerciali che scandiscono le periferie delle capitali del mondo. Le banlieues come elementi periferici stanno divenendo spazi in cui milioni di individualità si incrociano senza entrare in relazione, sospinti dal desiderio di consumare tempo e merce.


Ma come ogni contenitore influenza il suo contenuto, così il rapporto fra nonluoghi e persone è definito: un uomo macchina abita una vita-macchina e questo lo possiamo vedere in parole e simboli ben specifici, cartelli con su scritto: vietato fumare, non superare la linea bianca davanti agli sportelli delle amministrazioni. L'individuo perde tutte le sue caratteristiche per continuare a esistere come utente. le persone agli sportelli delle amministrazioni, degli uffici, dei negozi, delle infrastrutture seguono un pre-determinato comportamento, un codice stabilito come quello che immettiamo nelle macchine. Non vi è coscienza. Il comportamento è stabilito meccanico, dettato, ripetuto.


Non vi è una conoscenza individuale, spontanea, umana. Pena la non riconoscibilità.


Anche io ora che sto parlando sono un utente, svolgo una funzione, sono umano spogliato momentaneamente della mia essenza e intimità, sono una macchina incaricata di effettuare un'azione. Se adesso, per esempio, cambiassi registro linguistico, iniziassi a parlarvi come se stessi la sera a cena con mia madre non sarei riconosciuto. Non sarei affidabile. Devo così vestire un comportamento "macchina", con un codice di comportamento che si è portati a riconoscere come giusto, perché consueto. Quindi affidabile. Siamo utenti attenuti a seguire un bugiardino attendere il turno, seguire le istruzioni, pagare e fruire del prodotto. Pena il non essere riconosciuti.


Una volta l'uomo aveva un'anima e un corpo, oggi ha bisogno anche di un passaporto, altrimenti non viene riconosciuto e trattato da essere umano.
Stefan Zweig

Quest'identità quando è pericolosa ed espone al rischio di espulsione è meglio non averla, ecco allora quando i migranti che sanno che non potranno ricevere lo status di rifugiato politico, arrivano a bruciarsi i documenti d'identità e i polpastrelli delle dita.


Mentre noi, qui, stiamo ancora a distinguere tra clandestino e rifugiato, come se salvarsi da una carestia o da un climate change fosse illegale!





Nel 2005, dalle banlieues, sono partite le più grandi rivolte popolari dopo la Rivoluzione, ma questa volta avevano un volto diverso, avevano il volto della decolonizzazione, del neocolonialismo economico, imperiale-multinazionale. Erano i figli delle periferie degli ex Imperi, erano i figli dell'immigrazione, i figli del colonialismo, del miracolo postbellico.


Ecco come la migrazione è la chiave per capire la realtà. Tutto è conseguenza e causa.


Queste periferie anche se in apparenza presentano gli stessi problemi di qualsiasi altra periferia di metropoli sono caratterizzate da fattori che le rendono casi unici e per questo esplosive: la concentrazione e la diversificazione etnica, la bassissima età anagrafica della media della popolazione, l'altissima percentuale di disoccupazione ne fanno bombe ad orologeria sempre pronte ad esplodere.


E qui ragazzi G2 (seconde generazioni) divisi tra due culture, una d'origine e una natia, nelle quali in entrambe non si sentono d'appartenere o perché i genitori parlano una lingua che non conoscono e provengono da un Paese nel quale non ci sono mai stati o perchè dall'altra si sentono cacciati, non hanno i mezzi economici per accedervi e anzi molte volte non se ne sentono far parte, etichettati come francesi ma non proprio francesi, francesi di Serie B; ecco che questi ragazzi cercano di dare un senso alle loro vite e trovare un'identità nella loro grande umma globale, la religione musulmana è come una grande patria ancestrale.


Il terrorismo è comunicazione politica e la minaccia terroristica, ispirazione per un nuovo terrorismo insieme all'incertezza del pericolo continuo di un attacco sono il cuore del terrorismo, l’altra faccia della globalizzazione.


L'Islamic State sta iniettando i germi in Africa e Medio Oriente della Terza Guerra Mondiale
Mattarella

Il limite guida nel quale anche il nemico vuole aver salva la propria vita è stato varcato.


La tesi finale del libro (Banlieue. Tra emarginazione e integrazione per una nuova identità) vuole aprire una discussione proprio su questo punto: i concetti a mio parere sono separati, da una parte c'è un problema di politica estera, dall'altra un problema di politica interna. Quando sconfiggeremo Daesh non risolveremo le sacche d'odio interno, perché queste presto saranno pronte a vestire un altro colore, indossare un diverso cappello che cambierà solo il nome ma il significato e le conseguenze saranno le stesse.


L’ignoranza conduce alla paura, la paura conduce all'odio, l’odio conduce alla violenza
Averroè

Pier Paolo Piscopo

Ƹ̴Ӂ̴Ʒ

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