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Aldo Mondino a Firenze, presso la Galleria il Ponte

Aggiornamento: 6 apr 2018


Aldo Mondino nasce a Torino nel 1938 e vi muore nel 2005.


La Galleria il Ponte in Via di Mezzo 42 a Firenze, nel rinascimentale quartiere di Sant'Ambrogio, in contemporanea con la Galleria Santo Ficara e con la collaborazione dell'archivio Aldo Mondino, presenta fino al 14 aprile 2018 una serie di opere dell'artista a cura di Alberto Fiz, curatore e critico d'arte.


Le opere appartenenti alla serie quadrettature e non solo sono state realizzate tra il 1963 e il 1972, denotando, contemporaneamente, un timido avvicinamento ispiratore e un improvviso scarto, rispetto ai movimenti della Pop-art e del Surrealismo.


Mondino fa rimanere questi movimenti in questioni risolte d'un post-datato, assunti e superati come degli originali dai quali distanziarsi. Lo stile, ancora più personale, senza il feticismo pop dell'esposizione ossessiva della merce o la supremazia del realismo magico surrealista, rintraccia i primordi dell'uomo in un iper tecnicismo infantile; la sua arte trova liberazione in una comprensione, in una doppia presa in giro dell'accademismo e dell'avanguardia, ambedue interpretati come i prigionieri coatti di un momento o di una moda in una gabbia.


Il genio artistico allora è sfidato in un esibizionistico quadrettato gigante; la tecnica, è risvegliata nella sua etimologia greca τέχνη (téchne), "arte", nel senso di "perizia", Mondino ci riporta nel momento in cui veniva insegnata all'uomo per sfruttare al massimo le sue potenzialità e l'impeto senza guida dell'istinto.


Mondino viviseziona l'apprendimento e l'ispirazione artistica, come su un tavolo medico d'ambulatorio, in una forzata estremizzazione, in una regressione spinta, fino a farla risultare grottesca, paradossale nella sua nudità, nei suoi inizi da primate.


Il Quadrettato così permette allo spettatore di capire cos'è l'arte, facendolo avvicinare.

Un regresso storico in comune, intimo, partecipe.



Il concettualismo di Mondino di dare spazio allo spettatore, di fruire dell'opera d'arte, attraverso degli album per iniziare i bambini al disegno, è un invito al ritorno alle emozioni pure e dirette dell'infanzia, contrapposte a quelle dell'adulto educatore che si costringe in determinati spazi e finisce per spegnere la sua forza propulsiva, di una vitalità naturale interiore, in un tecnicismo preciso ed ordinato, ma limitato, in quanto non offre più spazio al nuovo; guardiamo e confrontiamo, ad esempio, il sole testimone di una gioia di vivere e l'immobilità di un bambino che gioca.


Il pegno lo paga la forza dell'espressione, ambedue i soggetti sono ritratti dalla stessa mano ma una evidenzia una perfezione tecnica che non riesce ad esprimere l'emozione, l'altra una mano libera che con la forza esclusiva del colore riesce a dare l'idea di un sole rovente d'agosto sul lungomare di una spiaggia vicino Savona, Varazze appunto, che dà il titolo all'opera.


Mondino sembra allora richiamare due intenti: l'uno di sberleffo alle stesse neoavanguardie, facendone evidenti caricature, l'altro è pedagogico, perché permette al fruitore una chiave di lettura che lo aiuta ad avvicinarsi al concetto d'arte, ritrovando se stesso, cosa ha perso e cosa ha guadagnato.


L'esposizione della Galleria prosegue poi nelle altre sale, offrendo la possibilità di vedere altre opere, esposte sono ad esempio una serie di lavori su carta di Tano Festa, che vi dialoga in risposta, attingendo dalla sua Arte Povera; la dissociazione dissacrante, sia dell'accademia sia dell'arte contemporanea, specie quella americana degli anni '60-'70, è completa.



Interessante notare come i due affrontano il tema della vita, uno da un punto di vista della nascita, affidando ad una libertà interiore il compito di comunicarla nella sua essenza, senza sovrastrutture; l'altro, Festa, romano, della Scuola di Piazza del Popolo, nato nel '38 e morto nell'88, il tema della vita è studiato dal punto di vista del tempo che porta via, che smarrisce, che deperisce fino alla morte.


In questo Particolare di Figura, 1964, Festa immortala un particolare anatomico di un disegno di Michelangelo, su di un oggetto di legno fattosi apposta costruire, affiancandolo ad un pezzo di cielo, una nuvola passeggera; l'uno grigio, appartenente all'uso sapiente e custodito fa da specchio all'altro, un evento ciclico naturale che viene comunque fermato in un sé unico, a sé stante, più leggero; entrambi ci rendono partecipi del loro essere transeunti, oltre la loro singola esemplificazione rappresentativa.


Mondino e Festa erano desiderosi di esaltare, rintracciando quello che c'è stato nel cosa c'è; di rimanere aggrappati a quello che provarono di fronte ad una realtà vissuta e fruita nella sua emozione intrinseca, non perdendo di vista l'obiettivo di mettere un punto alla fine, per salvare il prezioso della loro Storia, dal trascorrere inesorabile del tempo e dal rischio di dimenticare.


Il tempo allora diviene una prova, affidata alle menti dei due artisti, di resuscitare dalle ceneri un qualcosa di nuovo, senza perderne la speranza che esista veramente; quel nuovo è nascosto, è distante, è muto ma esiste, è possibile, basta crearlo.


Pier Paolo Piscopo









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