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EXCERPTⒶ. Esposizione artistica di Andrea Nurcis ed Enrico Corte.

Aggiornamento: 8 mag 2018

“È male fare il male a fin di bene” 
(Bruce Marshall) 

Cosa si può e cosa si deve definire lecito in Arte? Dove hanno casa il potere e il dovere nella vita professionale di un artista? Il qual è lo scopo? lasciamolo al dopo. L’arte ritrova quello che vi è di sepolto nella realtà dei tempi, sotto gli strati di polverose sovrastrutture, azzannando la morale o portandola alla luce.


Il Palazzo Collicola di Spoleto ospiterà EXCERPTⒶ, una mostra articolata per la prima volta sui due piani del palazzo gentilizio, dando modo di fruire della prospettiva di percorso professionale di due noti artisti, Andrea Nurcis ed Enrico Corte, curata dal critico Gianluca Marziani direttore di Palazzo Collicola Arti Visive.


Il progetto è stato presentato ieri, sei febbraio, alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dalla sua direttrice generale nonché storica dell’arte Cristiana Collu.


Gianluca Marziani conosce i due artisti sin da quando abitavano al Mandrione, altezza Pigneto, una Roma lontanissima dall’epoca attuale, immersa in una tensione sperimentale-artistica continua, come ricorda Marziani di quando decise allora di seguirne gli sviluppi artistici radicali.


Se dovremmo dare una colonna sonora alle opere la citazione sui The Residents, musica sperimentale che fuse insieme rock, noise e vaudeville in modo ossessivo e grottesco, sembra che cada a pennello un Gingerbread Man che corre a perdifiato tra le creazioni di Enrico e Andrea, operanti senza un preciso codice linguistico al quale poterli affiancare, anarchicamente lanciati “in un progresso mai esausto, in molteplici dimensioni del rimosso, di forte densità e connotazione umana, feticista”.





Il titolo della mostra aiuta però, ci pone una condizione di comprensione, excerptⒶ (part. pass. del verbo latino excerpĕre «trarre fuori») presenta così passi, brani, estratti di un’opera più completa realizzata a parte. Andrea ed Enrico si conoscono infatti da più di un trentennio, la prima mostra che fecero insieme risale al 1981, quando nell’Orto Botanico di Cagliari coinvolsero il pubblico in “Rarità Botaniche” un itinere d’opere iperrealiste integrate nella natura con installazioni sonore distorte di suoni altrimenti armoniosi, di uccellini, insetti e rane ma anche dello scorrere di un fiume e del frusciare del vento, simboleggiando come la natura dell’uomo, altrimenti istintuale, in contrapposizione, è corruttibile e corruttrice, trasformandosi in Male.

Da allora cerimoniano quel loro sodalizio ogni lustro excerpendo quelle opere in altre esposizioni, citando la loro matrice.


Enrico Corte partorisce. Ha uno stile che apre, entra dentro, non chiede permesso ma sempre con educazione esclama “questo come funziona?”, sviscera; lavora con la realtà come un decano lo fa con la mente dei discepoli; la apre, la studia a sua volta, apprende da essa, guarda il lato oscuro, quello che non si vede, quelle che magari non è ma potrebbe e mostra quello che altrimenti rimarrebbe nascosto.


Enrico lavora di forza sull’ignoto, la realtà vergine non ha bisogno di un solo strumento e così dialoga con lei attraverso vari linguaggi, estrapolazioni, moltiplicazione di stili e tecniche, collegando materia e anima, estrapolando ed esponendo la psiche dell’oggetto in questione, che per sua nascita, suo perché e suo scopo, l’uomo, gli ha fornito.


Il lavoro dei due amici ricorda Il giardino dei sentieri che si biforcano di Borges, dove vengono descritti tutti i possibili risultati di un oggetto, entità, evento, simbolo o realtà, buco nero o creazione.


Andrea Nurcis (r-)accoglie, gestisce, un malessere sociale, abilita il mostruoso nell’organizzazione di opere complesse, lascia uno spazio esiguo alla possibilità dei fruitori (i quali ritengo secondi esecutori di un’opera) di aggiungere passaggi arbitrari, e qui si vede l’interesse, il contrappunto, per la sua chiarezza ed esattezza, di un descrittivismo artistico che spinge a muovere gli affetti verso determinate sensazioni, Andrea raccoglie una sovrapposizioni di espressioni, e, come un blue scintillante sopra il nero per un secondo dà una luce bianca, diviene soluzione, un “discorso sul discorso”, in una esperienza visionaria istituzionalizza il corruttibile, il divenire, il male, completando il discorso intrapreso da Enrico.


Non è un caso che prima abbia usato il termine contrappunto, mutuato dalla musica, come nella scrittura contrappuntistica infatti, quello che si ottiene, dal leggere le opere in successione di lavoro dei due artisti, è l’indipendenza delle varie parti della composizione pur essendoci relazione; non sovrapponendosi ma scandagliando uno stesso interiore e srotolando la stessa matassa, operano sullo stesso interno delle cose ma arrivando in un prima e un dopo, diversi.


Prima di lasciarvi all’invito nell’andare a vedere le loro opere, in mostra fino al finissage del 17 marzo, vi lascio un appunto sul Palazzo Collicola.


Il Palazzo è dei primi del settecento, residenza della famiglia nobiliare Collicola fino al 1939, quando il Comune di Spoleto lo acquistò, è diviso su tre piani, dove il piano terra ospita il Museo Carandente d’arte contemporanea, un Caffè e una Biblioteca ed il piano nobile presenta una serie di sale con soffitti lignei a cassettoni dipinti, i fregi sottosoffitto e una galleria interamente decorata, con mobilio e quadreria coevi al palazzo, e, in questa occasione vi apparirà la germinazione spontanea delle opere di Andrea ed Enrico, lasciandovi poi agli ultimi due piani (duemila metri quadri) interamente destinati al proseguo.



Pier Paolo Piscopo


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