“Scrivere significa vivere di uno strano lavoro che non si può pretendere che la società ritenga utile e necessario.“
Alla Casa di Goethe di Roma sono esposti per la prima volta i lavori (acquerelli, fotografie, manoscritti, edizioni musicali) di Hans Werner Henze(1926-2012) uno dei più celebri compositori tedeschi del XX° secolo, famoso per il peso che le sue posizioni marxiste ebbero sulla sua vita e sulla sua produzione artistica; noto anche come scrittore, per il teatro, l’opera, il cinema, visse per sessant’anni in Italia.
Ieri c’è stato il vernissage d’apertura con la presentazione ed un percorso musicale dal vivo nella mostra. Al centro dell’esposizione una scelta degli acquerelli e schizzi realizzati tra il 1975 e 2007, circa 60 fogli.
L’allestimento è stato opera dell’amica di Henze, Nanà Cecchi, costumista, docente e scenografa italiana, la quale ieri ha ringraziato, oltre la Casa di Goethe, dove vi è “entrata in punta di piedi”, lo stesso Henze, che prima di lei ha scoperto la sua vocazione e quindi spinta ad intraprendere il mestiere di scenografa.
Michael Kerstan è stato il curatore, per per molti anni assistente di Henze, ora direttore del Hans Werner Henze-Stiftung, fondazione che ha come scopo la promulgazione dell’arte, della cultura e della musica di Hans, oltreché il sostegno attivo alle nuove leve musicali, con borse di studio e supporto a propri format.
Alla riuscita della suddetta hanno partecipato il Cantiere Internazionale d‘Arte Montepulciano (Festival fondato nel 1976 dallo stesso Henze, dove rappresentò per la prima volta Pollicino, la sua famosa opera per bambini) e l’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania.

Hans Werner Henze ebbe una vita inquieta, la vita di un uomo posseduto dalla febbrile necessità di lavorare e produrre, vedere realizzate le proprie fantasie, i propri sogni, scomponendo e ricomponendo la realtà continuamente in nuovi schizzi, pezzi, disegni e nuovi spartiti; viveva immerso nella musica e nel disegno e nella pittura trovava un diletto, un interludio, una pausa d’ispirazione e di riflessione, senza avere il proposito iniziale di esporre.
Sempre pronto a varcare i confini e ricercare oltre ciò che comunemente è accettata come bellezza, oltre il proprio concetto; il suo percorso artistico e esistenziale, tra momentanei smarrimenti, travagli malinconici e attimi di esaltazione, è emblematico.
Il simpatico pellegrinaggio musicale ce lo ha mostrato e si è svolto lungo un itinerario tra colori e note, ognuna delle tre stanze rappresentava un periodo diverso della vita del poliedrico artista, il pubblico era così accolto da una diversa magia sinfonica in ogni passaggio;
nella prima stanza c’è stato il contrabbasso di Konrad Fichtner, lievi e gravi tocchi hanno portato l’animo a immaginare la sua musica, quale primo paesaggio l’avesse potuto ispirare nei primi anni nel Paese straniero; l’attrito sulle corde, del crine di cavallo montato sulla bacchetta di legno, ha infuso un contrasto saldo nella visione degli appunti musicali, presi dove capitava, su carta paglia o di cornice ad un piatto di portata, venendo fuori un connubio rassicurante, la frivolezza della gioventù accompagnata dalla decisione con cui Konrad “reggeva” quel gigante traspositore d’ottava;
siamo passati così a Christina Schorn, che pizzicava con i polpastrelli e le unghie la sua chitarra, dove il pollice della mano destra marcava ogni quarto di battuta, ha esaltato i colori sgargianti e gioiosi, le forme naif e le pure allegre esplosioni di colori esposte;
abbiamo scoperto la lunga e fruttuosa collaborazione professionale con la poetessa austriaca Ingeborg Bachmann, la quale lavorò assieme a Henze come librettista per alcune opere e che la lettura del carteggio Lettere da un’amicizia ci fanno pensare ad un amore,

Christina è stata magistrale nel farci pensare ai primi luoghi ove soggiornò Henze, Procida e Napoli e nell’accompagnarci
siamo così entrati nell’ultima stanza della maturità artistica, dove Ivan Manicelli ci ha incantato con il suono della marimba, prodotto dalla vibrazione del corpo stesso dello strumento, con quattro battenti che toccavano un set di barre di legno che risuonavano a tubi sospesi al di sotto, amplificando il suono;
anche qui c’è stato un bel connubio con il tema della stanza, il contrasto dei disinvolti guizzi fluidi di Ivan, tanto da farlo sembrare come il vento che suona le onde del mare, hanno restituito un’atmosfera leggera, d’infanzia;
le bacchette che Ivan teneva in mano sembravano i soffioni che da bambini ci si divertiva a raccogliere nei prati, esprimendo i desideri con i primi amori e le note volavano via ad ogni bagliore, come i pappi di questi denti di leone, che dopo un soffio si staccano da quella sfera piumosa, così il traghetto è giunto a riva e nel distacco, rappresentante perfettamente le fasi del ciclo della vita che ognuno di noi è destinato a compiere, siamo approdati ad un ristorante ricco banchetto.
La mostra sarà visitabile fino al 20 maggio 2018 e sono previsti video con interviste, documentari e un programma d’esecuzioni musicali di Henze che accompagneranno la mostra lungo tutta la durata.
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