“Fin che si desidera si può fare a meno di esser felici; si aspetta di esserlo; se la felicità non viene, la speranza si prolunga, l’incanto dell’illusione dura quanto la passione che lo provoca. Così questo stato è sufficiente a sé. L’inquietudine che procura è una specie di godimento che supplisce alla realtà.”
(Rousseau)
Cosa prova un fattorino che compie consegne a domicilio? Lo racconta Matteo.
Il libro Memorie dal suolo. Cronache urbane di un food pusher. Ediz. integrale di Matteo Bonfigli è uno spaccato sociale e reale quanto lirico e generazionale sulla realtà vista dagli occhi di un food-pusher.
Quando sfila nel traffico di una Roma un po’ pacchiana, un po’ snob, popolare, chiacchierona sicuramente, barocca e neoclassica, della gig economy …mi viene in mente la canzone di Remotti Me ne vado da Roma “quella Roma puttanona, borghese, fascistoide, da quella Roma del “volemose bene e annamo avanti” ecc. ma con Matteo, nelle sue pagine, ci si immerge.
La musica non a caso – ma di altro genere – come un fiume corre parallelo alla sua riva, vive nel testo, una soundtrack serpeggia allato delle parole e delle pagine che scorrono.
Matteo è uno che improvvisamente a quarantanni si ritrova disoccupato ed è costretto a reinventarsi, accettando un impiego come fattorino per consegne di consumo on demand. Matteo Bonfigli è un pittore, grafico che con responsabilità e onestà scrive la sua esperienza, non si pone mai dietro le righe del testo come critico sociale o politico, le legislazioni o gli avvenimenti mondiali che hanno parcellizzato e reso precario il mondo del lavoro non sono mai giudicati, perché onestamente dichiara di non averne le competenze per farlo.
Il prof. Luca Massida, docente di sociologia, quando ieri lo presentava alla Libreria IBS+Libraccio in Via Nazionale sottolineava proprio l’ironia invece che traspare dallo stile, senza tragedia, il libro non è un castello kafkiano dal quale siamo respinti, a cui non riusciamo ad accedere, semplicemente uno spaccato di vita di una forza lavoro che sta fuori dal mazzo e racconta quello che vede.
La cronistoria di un operaio della logistica (delivery guy, rider?) che quasi con feticismo voyeuristico narra ciò che vive.
Non è un libro “costruito”, come dichiara l’autore stesso, non c’è stato un episodio pilota; il tutto nasce alquanto spontaneamente, quando pubblicava come post su FB quello che gli succedeva a lavoro, fino a che un editore non gli propose una pubblicazione.
Matteo è uno di quei figli del ’68 che credevano che il mondo si potesse cambiare, quei figli folli, quei piantagrane che vedevano le cose in un modo diverso. E l’anno 1968 è il giro di boa dal quale si dipanano tutte le storie, segnato da due eventi particolari una morte sul lavoro e la scoperta del sesso.
Quindi un libro generazionale che parla dei losers, non so perché serpeggia nell’aria questa parola, forse perché nel 1964 gli Scarafaggi ci scrissero una canzone I’m a loser e anche i Beatles si possono ascoltare in queste Cronache.
Come si sentono Jimi Hendrix, i Pink Floyd, i Led Zeppelin, i Cream, i Jefferson Airplane, i Black Sabath, i Deep Purple, gli Animals, i King Crimson, gli Who.
La voce narrante di Matteo trascina il lettore su un motorino per le strade della Capitale, attraverso frammenti di canzoni di un’epoca che andranno a descrivere aneddoti, ricordi ed amori impossibili ed ogni corsa si trasforma in una dimensione metropolitana nuova da vivere.
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